La domanda certamente esprime anche la perplessità di molti coetanei e forse di credenti già adulti che considerano la Scuola Domenicale un’istituzione per loro ormai inutile e superata paragonandola, inconsciamente, alle lezioni di catechismo o di “dottrina” in ambito cattolico romano, che i ragazzi addizionalmente seguono in vista della prima comunione e della cresima.
Questa opinione è indubbiamente molto lontana dagli scopi, dalla forma e dalla struttura stessa su cui si fonda l’insegnamento della Scuola Domenicale.
Perché quest’ultima non è soltanto una scuola di istruzione cristiana, ma anche di formazione spirituale e il nostro giovane lettore dovrà convenire che ha ancora bisogno di maturare spiritualmente.
Esiste una grande differenza tra istruzione ed educazione. L’istruzione garantisce soltanto l’informazione teorica, mentre l’educazione forma e sviluppa praticamente le facoltà intellettuali e morali degli allievi. Quest’ultimo è il caso della Scuola Domenicale, la quale sviluppa ed incoraggia la formazione spirituale, morale ed intellettuale dei partecipanti.
L’INSEGNAMENTO NEL MONDO EBRAICO
Nel mondo ebraico, l’insegnamento affonda le radici nella proto-cultura familiare giudaica dell’età patriarcale. Infatti, è scritto: “E anche a Seth nacque un figliuolo, a cui pose nome Enosh. Allora si cominciò a invocare il nome dell’Eterno” (Genesi 1:26), ancora prima della legge mosaica è implicito che i patriarchi istruivano i propri figli, ammaestrandoli nella conoscenza dell’unico vero Dio, e così fino a Mosè, il quale venne certamente istruito dai propri genitori sulle divine promesse di liberazione. Un esplicito riferimento è il seguente: “… tu spiegherai la cosa al tuo figliuolo, dicendo: Si fa così, a motivo di quello che l’Eterno fece per me quand’uscii dall’Egitto” (Esodo 13:8).
La legge mosaica era categorica a proposito dell’educazione dei fanciulli, infatti è scritto: “Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. E questi comandamenti che oggi ti do ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figliuoli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segnale, ti saranno come frontali tra gli occhi, e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte” (Deuteronomio 6:5-9). L’esortazione sarà poi di nuovo ripetuta in Deuteronomio 11:18.
Dai testi citati sono evidenti alcuni principi fondamentali dell’educazione religiosa giudaica. Essa era impartita nella famiglia sulla base del metodo pedagogico più comune in quei tempi, quando la diffusione dei libri non esisteva, e cioè quello della ripetizione a memoria dei versetti biblici scritti in casa e sulle porte.
Questo metodo raggiungeva innanzi tutto lo scopo di insegnare ad ogni ebreo a leggere e scrivere tanto è vero che non esisteva analfabetismo fra il popolo d’Israele.
In seguito, con l’istituzione della Sinagoga, che significa letteralmente “adunanza” o “luogo di raduno”, l’unica sala di riunioni era usata per il culto del sabato e durante la settimana come scuola, nella quale si insegnava anche ai giovani il significato delle Scritture che avevano già appreso in famiglia. Basterà ricordare, ad esempio, quanto Paolo apostolo ricorda a Timoteo: “… fin da fanciullo hai avuto conoscenza degli Scritti sacri, i quali possono renderti savio a salute mediante la fede che è in Cristo Gesù” (II Timoteo 3:15).
L’INSEGNAMENTO NEL MINISTERIO DI GESÙ
Anche in questo campo Gesù rivoluziona il metodo didattico del tempo, ormai cristallizzato in forme fisse, con un insegnamento che attrae le moltitudini. Egli è “il Maestro” per eccellenza, infatti, almeno sessanta volte nei Vangeli è indicato con questo appellativo.
Mentre censura gli scribi e i Farisei, i quali, amavano essere chiamati dalla gente “maestri”, cioè “Rabbuni”, che in aramaico equivaleva a “mio Maestro”, Gesù ricorda ai Suoi: “… voi non vi fate chiamar ‘Maestro, perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli” (Matteo 23:8).
Gesù esprime poi chiaramente il Suo pensiero quando afferma: “Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono” (Giovanni 13:13), confermando che Egli è divino. Il Suo portentoso metodo di insegnamento meravigliava la gente semplice “… perch’egli li ammaestrava come avente autorità e non come gli scribi” (Marco 1:22).
L’INSEGNAMENTO NELLA CHIESA DELL’ERA APOSTOLICA
Gesù affidò il “Grande Mandato” ai Suoi discepoli, dicendo loro: “…, ammaestrate tutti i popoli, … insegnando loro d’osservar tutte quante le cose che v’ho comandate” (Matteo 28:19, 20). Essi furono ubbidienti, “istruirono”, “insegnarono”, “ammaestrarono”, questi sono i verbi usati nel libro degli Atti degli Apostoli decine di volte.
Questo ministerio o servizio dell’insegnamento fu considerato, giustamente, non soltanto come parte del “mandato” del Signore risorto, ma anche come impegno per preparare ed istruire altri che a loro volta potessero insegnare. Infatti, l’apostolo Paolo, ispirato dallo Spirito Santo, scriveva: “E le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale ad uomini fedeli, i quali siano capaci d’insegnarle anche ad altri” (II Timoteo 2:2), ed ancora, quando parla del ministro dell’Evangelo, tra i tanti requisiti si richiede quello di essere “attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori” (Tito 1:9).
È evidente quindi che esistevano sessioni speciali di studio ed istruzione biblica nella Chiesa dell’era apostolica.
L’INSEGNAMENTO NEL MONDO EVANGELICO
Con l’avvento della chiesa cesaro-costantiniana, dal 313 d.C. fino alla Riforma Protestante del sedicesimo secolo, nel cristianesimo ufficiale l’insegnamento diffuso della Scrittura fu totalmente trascurato.
È la Riforma Protestante che fa nascere un risveglio dell’insegnamento della Bibbia. Tutti i riformatori concordavano sul fatto che la famiglia e la chiesa hanno il dovere dell’istruzione biblica dei fanciulli perché conoscano i principi cristiani. Purtroppo, però, i testi preparati per questa istruzione erano dei veri e propri trattati teologici e quindi servirono più a preparare degli insegnanti che ad interessare i fanciulli in età scolare ed i giovani.
Si dovrà attendere il diciottesimo secolo, per assistere ad una svolta notevole. In Gran Bretagna, a Gloucester, Robert Raikes si sentì chiamato a risolvere il gravissimo problema dell’alfabetizzazione e dell’istruzione biblica dei fanciulli impegnati nei giorni feriali in gravosi lavori manuali.
Questo pioniere della Scuola Domenicale, nel 1780, prese in affitto una stanza ed ingaggiò quattro insegnanti perché la domenica istruissero un gruppo di questi “piccoli lavoratori”.
Raikes può essere considerato il fondatore della Scuola Domenicale, che ebbe un fortissimo impulso con il risveglio evangelico metodista. John Wesley, il prestigioso animatore di questo “movimento popolare evangelico di risveglio” del diciottesimo secolo, strutturò la Scuola Domenicale in classi diverse che comprendevano studenti di tutte le età e curò la preparazione di insegnanti, che non erano dei predicatori o ministri nel senso stretto del termine, ma dei credenti già maturi, impegnati nel servizio del Signore e dei loro fratelli, e che in questa attività trovavano maggior incentivo a progredire nella fede e nella conoscenza pratica del vero cristianesimo biblico.
CONCLUSIONE
Da questo sommario panoramico delle “radici” della Scuola Domenicale possiamo trarre la conclusione che l’insegnamento biblico è necessario a tutti. Ai più piccoli per fornire loro le basi di una scelta consapevole di Gesù Cristo come loro personale Salvatore. Ai più grandi per cercare insieme, alla luce della Bibbia, la Parola di Dio, di risolvere i problemi esistenziali di ogni epoca, anche di quella attuale, perché la Sacra Scrittura è ancora oggi la fonte autorevole di guida per un comportamento etico corrispondente ai bisogni dell’uomo moderno. Ai nuovi convertiti all’Evangelo perché possano ricevere gli elementi fondamentali di una conoscenza biblica assolutamente necessaria, per rispondere a chiunque domanda “… ragione della speranza … con dolcezza e rispetto …” (I Pietro 3:15).
Per i credenti di ogni età la Scuola domenicale è un’occasione di dialogo,per trovare delle risposte ai problemi attuali che non possono essere affrontati nel corso di un sermone. Infine,essa è un’occasione di incontro informale tra cristiani durante il quale ci si può conoscere meglio e stabilire rapporti di fraterna amicizia scoprendo delle affinità elettive. Il nostro giovane lettore è favorito dal fatto che può ancora oggi unirsi ai genitori per partecipare ai programmi della scuola domenicale. Possa l’esempio di questi genitori cristiani essere un fraterno richiamo a tutti quelli che “mandano” i propri figli alla Scuola Domenicale senza però parteciparvi. Il modo migliore per incoraggiare i propri figli di ogni età è quello di partecipare insieme a quell’ora settimanale di istruzione biblica,che non può fare altro che del bene a tutti,piccini,ragazzi,teenagers,adulti e anziani,per poter sempre testimoniare alla gloria di Dio: “Noi andremo coi nostri bambini,coi nostri vecchi,coi nostri figliuoli e con le nostre figliuole;…” (Esodo 10:9),e “…;quanto a me e alla mia casa serviremo all’Eterno” (Giosuè 24:15)