Il ministero cristiano non può essere esercitato da “funzionari” né da “addetti ai lavori” che fon­dano la loro opera unicamente su un cor­so di studi teologici. Nessuna Scuola Biblica o Università teologica può affidare il ministerio perché questo è un “carisma” dato da Cristo stesso mediante l’azione dello Spirito Santo. Infatti, è bene chiarire subito che an­che l’Istituto Biblico Italiano, pur essendo un valido strumento di formazione teologica e di cultura biblica, non garantisce nessun ingresso al ministerio cristiano, in quanto quest’ultimo è donato direttamente dal Signore Gesù Cristo, unico capo supremo della Chiesa.
Le nostre chiese delle Assemblee di Dio in Italia, nel proprio regola­mento, dichiarano che le qualifiche necessarie perché un credente”nato di nuovo e battezzato nello Spirito Santo”, secondo l’insegnamento del Nuovo Testamento, possa esercitare il ministero cristiano possono rias­sumersi come segue:

a. Chiara evidenza della chiamata divina che si manifesta mediante il dono, il carattere e le attitudini;

b. Una matura esperienza e quei requisiti che rendono idonei al mini­sterio cristiano, oltre che un’adeguata preparazione biblica e teologica;

c. Una sufficiente conoscenza della sana dottrina cristiana evangelica, unita alla capacità di poter insegnare ad altri la via della salvezza;

d. Aver compiuto il ventunesimo anno di età;

e. Una vita morale e dei precedenti irreprensibili.

IL CONCETTO Dl VOCAZIONE

Nella Scrittura il termine “vocazione” o “chiamata” è usato in modi diversi:

a. La chiamata di Abramo e d’Israele: “Per fede Abramo, essendo chiamato, ubbidì …” (Ebrei 11;8); “… tu, Israele, mio servo, Giacobbe che io ho scelto, progenie d’Abramo, l’amico mio, tu che ho preso dalle estremità della terra, che ho chiamato dalle parti più remote d’essa …” (Isaia 41:8,9);

b. La chiamata dei profeti:” Dio lo [Mosè, N.d.A.] chiamò di mez­zo al pruno … E l’Eterno disse … Or dunque vieni, e io ti manderò a Fa­raone perché tu faccia uscire il mio popolo, i figliuoli d’Israele, dal­l’Egitto” (Esodo 3:4, 7, 10); “‘Prima ch’io ti avessi formato nel seno di tua madre, io t’ho conosciuto… io t’ho consacrato e t’ho costituito pro­feta delle nazioni’“ (Geremia l :5);

c. La chiamata dei credenti in Cristo: “Fedele è l’Iddio dal quale siete stati chiamati alla comunione del Suo Figliuolo Gesù Cristo, nostro Si­gnore” (I Corinzi 1:9);

“… l’Iddio d’ogni grazia … (ci, N.d.A.] ha chiamati alla sua eterna

gloria in Cristo …” (I Pietro 5:10);

… ai chiamati che sono amati in Dio Padre e custoditi da Gesù Cri­sto” (Giuda 1);

Egli [ci, N.d.A.] ha pure chiamati per mezzo del nostro Evange­lo, onde giungiate a ottenere la gloria del Signor nostro Gesù Cristo” (II Tessalonicesi 2:14);

d. La chiamata alla santità:”… Iddio ha chiamati non a impurità, ma a santificazione” (I Tessalonicesi 4:7);

… come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta” (I Pietro 1:15);

amati da Dio, chiamati ad esser santi …” (Romani 1:7);

… vi esorto a condurvi in modo degno della vocazione che vi è sta­ta rivolta” (Efesini 4:1);

e. La chiamata al ministerio cristiano: “Paolo … chiamato ad essere apostolo …” (Romani 1:1);

per questo ti sono apparito: per stabilirti ministro e testimone …” (Atti 26:16).

Esiste quindi una chiamata generale per tutti i cristiani descritta co­me”… superna vocazione …” (Filippesi 3:14); santa chiamata …” (II Timoteo 1:9); “… celeste vocazione …” (Ebrei 3:1); “… vocazione che [ci, N.d.A.] è stata rivolta” (Efesini 4:1), ed una chiamata particolare per il ministerio cristiano.

La prima è la “chiamata in senso generale”, che esprime la vita cri­stiana stessa come “vocazione”, in quanto il cristiano è chiamato a viver­la servendo Dio”… nella condizione in cui era quando fu chiamato” (I Corinzi 7:20). La seconda è la chiamata per un compito specifico al ser­vizio della comunità cristiana.

Con la “vocazione” in senso generale, tutti i cristiani esercitano un duplice compito. Prima di tutto quello di “testimoni” di Cristo, che consiste nella responsabilità di annunciare la grazia di Cristo al mondo con la propria testimonianza personale, non soltanto a parole ma con una condotta che onori il Signore. “Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8). Il secondo compito è quello di “sacerdote”, che riguarda la nostra offerta a Dio nel rapporto individuale instaurato con Lui. Infatti, secondo il con­cetto scritturale del sacerdozio universale dei credenti, ogni cristiano è chiamato ad offrire “sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (I Pietro 2:5).

Mentre, però, il Nuovo Testamento insegna chiaramente che ogni cristiano è “testimone di Cristo” e “sacerdote a Dio” afferma anche che non tutti i credenti hanno ricevuto una “vocazione particolare” che consiste nel “… ministerio della Parola” (Atti 6:4), un dono ben defini­to impartito dal Signore Gesù glorificato. Infatti “… Salito in alto egli … ha fatto dei doni agli uomini … ed è lui che ha dato gli uni, come aposto­li; gli altri, come profeti; gli altri, come evangelisti, gli altri, come pastori e dottori” (Efesini 4:8, 1 l).

Questi ministeri, doni del Signore glorificato, non sono dei titoli di prestigio, ma aspetti diversi di quel “ministerio della Parola” al quale ab­biamo già accennato. L’indicazione “pastore evangelico”, usata comune­mente nel mondo esterno, è soltanto sinonimo di “ministro evangelico” ed è utilizzato soltanto in questo senso. Dopo queste necessarie note introduttive, ecco gli elementi fonda­mentali della vocazione al ministerio cristiano.

DESIDERIO ARDENTE

Il primo elemento è il desiderio che è chiaramente originato da Dio. Non è un desiderio per acquisire una posizione o un ufficio, ma per es­sere collaboratori di Dio nell’opera Sua. Questo desiderio non è alimentato da ragioni egoistiche o da ambi­zioni umane e terrene ma da un anelito indefinito di servire il Signore ed il Suo popolo. E’ un sentimento persistente, non legato a circostanze particolari, che spinge ad essere impegnati a qualsiasi livello pratica­mente nel servizio di Dio. Talvolta, questo desiderio si trasforma in una misteriosa ed urgente spinta dello Spirito Santo che ci fa dire con l’apostolo: “… guai a me, se non evangelizzo!” (I Corinzi 9:16).

DONO DIVINO

Il “ministerio della Parola” è la capacità di annunciare ed insegnare l’Evangelo, la via della salvezza, ed è un “dono” che Cristo Gesù, il Si­gnore vivente e glorificato della Chiesa, ”ha dato” ad alcuni.

Se è “… lui che ha dato …” (Efesini 4:11), è evidente che né corsi di teologia o di omiletica, né la lettura di libri di studio biblico, né alcun al­tro mezzo tecnico potranno mai “creare o impartire” il dono del mini­sterio, perché questo è dato soltanto da Cristo. Il dono è costituito da una ferma convinzione che Dio ha chiamato al ministerio e che non esiste alcuna alternativa. Un famoso predicatore affermava: “Se potete fare a meno di predicare, se potete fare qualche al­tra cosa che annunciare l’Evangelo, fatelo perché vuol dire che non ave­te ricevuto il dono da Dio”.

Prima che un credente scelga il ministerio cristiano come la pro­pria vocazione, deve avere la certezza che la selezione è stata fatta diret­tamente da Dio. La chiamata divina deve risuonare nel santuario del­l’anima tanto chiaramente quanto il suono delle campane del mattino echeggia tra le valli”.

I ministri dell’Evangelo debbono essere “uomini-dono” nella comu­nità cristiana come Giovanni Battista: “… un uomo mandato da Dio …”(Giovanni 1:6); come Paolo apostolo:”… se io evangelizzo, non ho da trarne vanto, poiché necessità me n’è imposta …” (1 Corinzi 9:16).

DEDIZIONE SINCERA

Non bastano il desiderio ed il dono, occorre anche la dedizione o consacrazione. Nell’esercizio del “ministerio della Parola” sono assoluta­mente indispensabili dei sentimenti e una condotta puri e santi. L’eser­cizio del ministerio senza “consacrazione” risulterà deleterio per chi l’ha ricevuto ed ancora di più per i credenti, i quali debbono subire le forme della pietà … avendone rinnegata la potenza” (II Timoteo 3:5), o come spiega una parafrasi moderna del testo: “… l’apparenza esterna della fede, ma avendone rifiutato la sua forza interiore”.

Il grande predicatore evangelico C. H. Spurgeon affermava: “È una terribile calamità sia per un uomo di venir meno alla sua chiamata che per la chiesa sulla quale egli impone il suo errore, dove produce difficol­tà del peggiore tipo”.

COME RICONOSCERE LA VOCAZIONE?

Qualcuno allora si domanderà come si può essere certi di aver rice­vuto la chiamata?

Gesù propone un “testo” infallibile: “Voi li riconoscerete dai loro frutti …” (Matteo 7:16). Certamente acquisiranno alcune caratteristi­che distintive della vocazione; così anche nella comunità spesso c’è un riconoscimento che qualcuno è destinato al servizio del Signore. Queste indicazioni si manifestano prima dell’iscrizione all’Istituto Biblico o prima di qualche incarico nella Comunità locale. Inoltre, chi è chiamato al ministerio cristiano, pur desiderando un certo tipo di lavoro da svolgere, si dispone ad accettare di varcare la “porta” che gli viene offerta perché spesso è la “porta” della scelta di­vina.

In caso di diverse opportunità chi è “chiamato” dirà sempre: “Signo­re cosa vuoi che io faccia?” e seguirà l’indicazione divina senza tener conto di condizioni, località, prestigio o altri fattori. Un cristiano che ha ricevuto il “ministerio della Parola”, avrà la capa­cità di annunciare, predicare, insegnare in pubblico. L’uditorio ne ri­marrà colpito ed edificato. Il risultato di un vero ministerio divino si manifesterà con conversioni genuine e la loro edificazione spirituale. Quando il Signore non opera confermando la Parola con i segni che l’accompagnano (cfr. Marco 16:20), e quindi non si hanno i risultati stabiliti dalla Scrittura, c’è bisogno di esaminare sé stessi e considerare se esistono i tre elementi essenziali per la vocazione al ministerio: desi­derio, dono e dedizione.