L’argomento, qualche tempo fa, ha creato molto scalpore per il “trapianto coatto” d’organi prelevati dal cadavere di una giovane donna, morta per emorragia celebrale. Il caso rivela lo scontro tra i diritti dei familia­ri e la facoltà del chirurgo di prelevare per emergenza un organo e salvare un malato che, senza quel trapianto, sarebbe morto. Esistono diversi aspetti che riguardano questo problema, ed esiste naturalmente anche un aspetto di carattere etico cristia­no da non sottovalutare.

L’ASPETTO GIURIDICO
Il chirurgo, che ha prelevato l’organo e lo ha trasferito immediatamente sul paziente in pericolo di vita, si è schermito sostenendo che la legge lo con­sente e che non aveva bisogno di chiedere l’autorizzazione ai parenti del defunto. La legge in materia, infatti, sostiene che si possa procedere al prelievo soltanto in mancanza dei documenti che comprovino la vo­lontà contraria del defunto, e che la mancata dichiarazione di volontà costituisca assenso alla donazione di organi e tessuti (secondo la proce­dura del silenzio assenso).

Giuridicamente siamo in una fase transitoria prevista dall’art. 23 della legge n. 91 del I aprile 1999.Il suddetto articolo prevede che, pri­ma dell’applicazione del silenzio-assenso, sia data la possibilità (non l’obbligo) ai cittadini italiani di esprimere la propria volontà. Chi non si esprime lascia la possibilità di opposizione all’espianto da parte dei fa­miliari (la legge prevede soltanto: coniuge, figli e genitori). Esiste, invece, una legge che esclude qualsiasi consenso ed opposi­zione da parte dei familiari in caso d’autopsia e di riscontro diagno­stico.

In questo stato di cose, se il cardiochirurgo che ha compiuto il tra­pianto non avesse reso noto il prelievo, nessuno avrebbe avuto nulla da eccepire, in quanto è normale che per tutti i decessi in ospedale sia sempre prevista l’autopsia, e nessuno dei familiari si è mai preoccu­pato dei particolari di quest’esame, che anzi sono stati sempre occul­tati da pietoso silenzio. Probabilmente, invece, data la giovane età della deceduta, il chi­rurgo ha creduto di incoraggiare i parenti, comunicando loro di ave­re prelevato gli organi, e che il cuore già batteva nel petto di un altro giovane, in quanto il trapianto era felicemente riuscito. E’ tuttavia comprensibile la reazione di questi congiunti, tragicamente colpiti da un lutto inaspettato. Il problema giuridico si pone in questi termini e presto dovrebbe essere applicato, in via definitiva, il principio del “silenzio assenso”. Esiste addirittura un disegno di legge che propone il consenso o il dissenso al prelievo con una notazione sulla carta d’identità. Indub­biamente, anche dal punto di vista giuridico, la questione è comples­sa quanto la sua importanza.

L’ASPETTO ETICO

Quando parliamo di etica ci riferiamo all’etica biblica, che si diffe­renzia da quella confessionale e tradizionale, poiché è etica di libertà. Il cristiano non può essere obbligato da schemi prestabiliti, l’unica “limi­tazione” gli viene direttamente dalla Parola di Dio. Quando si usa la parola “limitazione” immediatamente si pensa ad un’imposizione, mentre per il cristiano “nato di nuovo” la regola etica è il risultato “naturale” della vita nuova in Cristo, innestata in lui dallo Spirito Santo che gli è stato dato. L’etica biblica, quindi, non è altro che la manifestazione dell’opera dello Spirito di Dio nella vita del credente, il quale non si avventura oltre i confini stabiliti dal Signore, perché essi costituiscono “l’habitat” della sua stessa esistenza di cristiano. L’unica limitazione, che logicamente il cristiano deve accettare, è quella di non poter disporre in modo autolesionistico del proprio corpo; egli potrà certamente, se necessario, donare legittimamente un organo proprio, senza alcun altro interesse se non quello del­l’amore e dell’altruismo, ma non potrà “suicidarsi” per aiutare un suo consimile. Invece, per quanto riguarda la disposizione del proprio corpo dopo la morte, non sembra che esistano limitazioni scritturali a riguardo. L’unica eccezione sembra essere la cremazione se questa è stabilita, co­me generalmente fanno gli atei e i non religiosi, per affermare che con la morte finisce tutto e l’annientamento del corpo ne sarebbe la prova. Gli ebrei prima e i cristiani dopo, per affermare la fede nell’eternità, rifiuta­rono la cremazione e le tombe furono chiamate coemeterium cioè “dor­mitori”, evidenziando così il fatto scritturale che i morti sono “… quelli che dormono …” (I Tessalonicesi 4:13) in attesa della risurrezione.

L’ASPETTO SCRITTURALE

La donazione di un organo a chi versa in condizioni disperate, si colloca per i cristiani nella sorprendente parola di Gesù: “Nessuno ha amore più grande che quello di dar la sua vita per i suoi amici” (Gio­vanni 15:13). Questa dichiarazione del Signore è avvalorata dall’of­ferta stessa di Sé stesso per noi, anche quando non eravamo Suoi amici: “Ma Iddio mostra la grandezza del proprio amore per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:8). Da quest’esempio perfetto del dono più grande e più prezioso della propria vita, il cristiano può trarre un insegnamento da attuare e, attra­verso una libera scelta, può disporre che organi del suo corpo, dopo la morte, invece di corrompersi nella tomba, possano essere usati per altre persone in condizioni disperate che potrebbero trarne un beneficio. Il caso del trapianto coatto, di cui i giornali hanno parlato, ha creato scalpore per il supposto abuso del chirurgo di utilizzare un organo sen­za il permesso della defunta e dei familiari ma, se gli intimi di questa giovane donna scomparsa repentinamente, passato il momento tragico ed emotivo del lutto, pensassero per un istante che il cuore della loro ca­ra batte nel petto di un altro essere umano, potrebbero essere consolati e placare la loro indignata reazione. Dal punto di vista cristiano, non esiste alcun problema al momento della risurrezione; gli elementi che compongono ciascun corpo si riuni­ranno per formare un corpo spirituale, infatti: “… Il corpo è seminato corruttibile, e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile, e risuscita glorioso; è seminato debole, e risuscita potente; è seminato corpo natu­rale, e risuscita corpo spirituale … Poiché bisogna che questo corrutti­bile rivesta incorruttibilità, e che questo mortale rivesta immortalità” (I Corinzi 15:42-44, 53).