“Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16).
“Perché, mentre eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi.Poiché a mala pena uno muore per un giusto; ma forse per un uomo dabbene qualcuno ardirebbe morire; ma Iddio mostra la grandezza del proprio amore
per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:6-8).
Se Dio “non ha riguardo alla qualità delle persone” e Gesù non caccia via nessuno di coloro che vanno a Lui, qual è l’insegnamento della Bibbia riguardo ai ricchi e ai poveri?
Quando Gesù afferma: “Niuno può servire a due padroni; perché o odierà l’uno ed amerà l’altro, o si atterrà all’uno e sprezzerà l’altro. Voi non potete servire Dio ed a Mammona” (Matteo 6:24), si riferisce ai sentimenti dell’individuo. Mettere le capacità, le forze, gli interessi totalmente al servizio di Mamrnona (una parola aramaica che significa “ricchezza”), vuol dire essere schiavi delle ricchezze. “… l’amor del danaro è radice di ogni sorta di mali …” (I Timoteo 6:10). Questo intento è condannato dalla Scrittura. Quindi, è il sentimento quello che ha davvero valore e, dinanzi alle reazioni interiori, non c’è diversità fra ricchi e poveri. Il ricco dimostra il suo “amore del danaro” difendendo gelosamente ciò che possiede e il povero esprime ìl suo “amore del danaro” desiderando con insaziabile cupidigia di possederlo. Ambedue sono giudicati da Dio non perché siano ricchi o poveri, ma perché sono “succubi e schiavi della ricchezza”.
I RISCHI DEL RICCO
Esistono dei rischi nel possedere delle ricchezze. Molti, però, sarebbero ben lieti di correrli pur di avere a disposizione molto denaro, ma la Scrittura è molto precisa: “Ma quelli che vogliono arricchire cadono in tentazione, in laccio, e in molte insensate e funeste concupiscenze, che affondano gli uomini nella distruzione e nella perdizione.
Poiché l’amor del danaro è radice d’ogni sorta di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si son trafitti di molti dolori” (I Timoteo 6:9,10). Quali sono i rischi del ricco?
Esistono difficoltà esterne: molto denaro significa molta responsabilità, non soltanto di investirlo nel modo giusto, ma di salvaguardarlo da furti e frodi, e, purtroppo, è perfino all’origine di quei crimini tremendi e crudeli che sono i rapimenti. Inoltre, il ricco è spesso assediato da continue richieste di aiuto, di beneficenza e di prestiti.
Il cristiano devoto, che possiede dei mezzi finanziari, sarà “ricco in buone opere”, ma dispenserà i beni che possiede, come buon amministratore della provvidenza di Dio, con oculatezza e diligenza.
Oltre alle difficoltà esterne esistono quelle interne, che riguardano direttamente la vita, i sentimenti del ricco.
In conseguenza delle pressioni esterne il credente ricco può essere spinto dalla delusione, dall’amarezza e dalla reazione fino al punto di non considerare il proprio privilegio e la propria responsabilità di “economo dei beni di Dio”.
Inconsapevolmente, può acquisire un attaccamento eccessivo alla propria ricchezza fino al punto di aver timore di separarsene perché la considera come qualcosa che appartiene soltanto a lui.
Qualcuno ha detto che da un cristallo trasparente possiamo vedere gli altri, ma se si aggiunge “l’argento” sulla superficie posteriore il cristallo diventa uno specchio, allora vedremo noi stessi. Questo è il rischio più grave del ricco.
Un altro rischio è quello della solitudine, perché molto spesso coloro che possono intrattenersi con le persone facoltose non hanno la stessa disponibilità finanziaria e quindi si tengono lontani anche per timore di apparire “interessati” più alle sue ricchezze che a lui. Così, l’amicizia vera è molto rara e il ricco è generalmente un solitario, forse rispettato, ma evitato.
Inoltre, esiste il rischio per il ricco di non avere un incentivo all’esistenza. Chi vive nella prosperità economica ha raggiunto tutti i traguardi che si era proposto. Il credente facoltoso, però, ha sempre nuovi programmi e nuove opportunità per compiere del bene per amore di Cristo ed essere così occupato fino al ritorno del Signore.
Forse, però, il rischio maggiore è quello che il ricco si prenda tutto l’onore della propria opulenza, tentato com’è di dimenticare che la fonte di ogni bene è Dio e che a Lui soltanto devono andare tutta la gloria e l’onore. Molte volte la Scrittura ammonisce contro questo pericolo: “Guardati bene dal dimenticare il tuo Dio, l’Eterno, al punto da non osservare i suoi comandamenti, le sue prescrizioni e le sue leggi che oggi ti do; onde non avvenga, dopo che avrai mangiato a sazietà ed avrai edificato e abitato delle belle case, dopo che avrai veduto il tuo grosso e il tuo minuto bestiame moltiplicare, accrescersi il tuo argento e il tuo oro, ed abbondare ogni cosa tua, che il tuo cuore s’innalzi, e tu dimentichi il tuo Dio, l’Eterno, che ti ha tratto dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù, … Guardati dunque dal dire in cuor tuo: La mia forza e la potenza della mia mano m’hanno acquistato queste ricchezze; ma ricordati dell’Eterno, dell’Iddio tuo; poiché egli ti dà la forza per acquistar ricchezze,…”
(Deuteronomio 8:11-14, 17, 18).
PERICOLI DEL POVERO
Ci riferiamo a colui che è povero economicamente e non a chi lo è “spiritualmente”, per il quale Gesù esprime la beatitudine: “Beati i poveri in ispirito, perché di loro è il regno de’ cieli” (Matteo 5:3). La frase: “Dio mantiene i Suoi figliuoli poveri per mantenerli umili” non vuol dire che il credente povero sia immune da pericoli.
Il primo pericolo è quello della “ribellione” per le limitate possibilità economiche, nonostante la diligenza impegnata nello svolgimento della propria attività. Questa reazione si manifesta con un “complesso di inferiorità” che giunge talvolta ad insinuare il dubbio sulla giustizia divina, come se Dio provvedesse tanto per alcuni e poco per altri.
Un altro pericolo è quello dell’invidia che, come un tarlo, consuma l’animo umano e talvolta i più poveri sono i più inclini all’animosità nei confronti degli altri: “… quasi inciamparono i miei piedi; poco mancò che i miei passi non sdrucciolassero. Poiché io portavo invidia agli orgogliosi, vedendo la prosperità degli empi” (Salmo 73:2, 3). Questa invidia o cupidigia può spingere ad attendersi favori per la propria povertà, o a richiedere parzialità di trattamento, come quella che si aspettano i ricchi ed i potenti per la loro condizione dì prestigio. Il Signore esorta: “Non commetterete iniquità, nel giudicare; non avrai riguardo alla persona del povero, né tributerai speciale onore alla persona del potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia” (Levitico 19:15).
Un pericolo da non dimenticare è quello che espone il povero alla disonestà. A causa degli esigui introiti ci si può illudere di giustificare la disonestà. Ad esempio, chiedere prestiti che non saranno mai restituiti è un tipo di furto in contrasto con la legge divina. Talvolta, queste forme di piccola disonestà non sono calcolate, come ad esempio quella di non pagare il biglietto dell’autobus, ecc.
Infine, il pericolo del povero è quello di usare la povertà come una scusante per non contribuire fedelmente per l’opera di Dio, ma piuttosto attendersi soltanto aiuto e sostegno.
UNA PAROLA DI SAGGEZZA
Un argomento molto popolare, ultimamente usato da predicatori infedeli più interessati all’opulenza terrena che alla santità, consiste nel sostenere che Dio ci vuole ricchi e se siamo poveri è perché non abbiamo fede e non siamo nella volontà divina.
Questo insegnamento, che è preso in prestito dall’edonismo imperante nelle società a sviluppo tecnologico avanzato, è completamente estraneo all’insegnamento della Scrittura. Il cristiano fedele a Dio non ricerca affannosamente il benessere, ma desidera vedere realizzato il piano divino per la propria vita: “Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose (alimenti, abiti, ecc.) vi saranno sopraggiunte” (Matteo 6:33). Una parafrasi moderna rende lo stesso testo nel modo seguente: “Cercate il regno di Dio e fate la sua volontà: tutto il resto Dio ve lo darà in più”. Queste parole del Signore sono rivolte sia ai ricchi che ai poveri, in quanto i credenti non sono ansiosi e solleciti per la loro vita materiale. Il loro scopo è servire Cristo. Questo non vuol dire che debbono incrociare le braccia, sposando una forma di fatalismo colpevole.
Ciascuno lavori con le proprie mani, è l’esortazione apostolica, ma ognuno sappia altresì che è Dio a benedire e a provvedere.
Di conseguenza, il cristiano deve essere pronto a dire con l’apostolo Paolo: “… ho imparato ad esser contento nello stato in cui mi trovo. lo so essere abbassato e so anche abbondare; in tutto e per tutto sono stato ammaestrato ad esser saziato e ad aver fame; ad esser nell’abbondanza e ad esser nella penuria. lo posso ogni cosa in Colui che mi fortifica” (Filippesi 4: 11 – 13 ).
L’antico saggio dei Proverbi rivolgeva all’Eterno questa preghiera: Io t’ho chiesto due cose: non me le rifiutare, prima ch’io muoia: allontana da me vanità e parola mendace; non mi dare né povertà né ricchezze, cibami del pane che m’è necessario, ond’io, essendo sazio, non giunga a rinnegarti, e a dire: ‘Chi è l’Eterno?’ ovvero, diventato povero, non rubi, e profani il nome del mio Dio” (Proverbi 30:7-9).
I cristiani, fedeli all’Evangelo non saranno d’animo altero, né riporranno la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, il Quale ci somministra copiosamente ogni cosa perché ne godiamo, e l’esortazione divina continua per ricordare ai ricchi “che facciano del bene, che siano ricchi in buone opere, pronti a dare, a far parte dei loro averi, in modo da farsi un tesoro ben fondato per l’avvenire, a fin di conseguire la vera vita” (I Timoteo 6:18, 19).
I poveri fedeli a Cristo saranno sempre come l’apostolo Paolo: “… poveri, eppure arricchenti molti; non avendo nulla, eppur possedenti ogni cosa!” (Il Corinzi 6:10).
Sia di incoraggiamento la Parola di Dio: “Meglio il povero che cammina nella sua integrità, del perverso che cammina nella doppiezza, ed è ricco” (Proverbi 28:6).
Poveri e ricchi “in questo mondo”, avendo accettato Gesù come proprio Maestro e Signore, hanno imparato che:” Or la pietà con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno; poiché non abbiarn portato nulla nel mondo, perché non ne possiamo neanche portar via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti” (I Timoteo 6:6-8).