L’argomento della disciplina nella chiesa cristiana è uno dei più delicati da trattare perché riguarda l’etica cristiana. Come tutti i problemi difficili, si rischia sempre di prendere delle posizioni estremistiche. In questo caso, sono due le attitudini che la comunità cristiana ha assunto attraverso i secoli: una di assoluta tolleranza dimenticando che esiste sull’argomento un preciso insegnamento biblico; l’altra di assoluta, drastica severità che, talvolta, ha rasentato la crudeltà, anch’essa completamente estranea allo Spirito di Cristo. Per poter trattare la materia in modo chiaro occorre suddividerla al­meno in due diversi momenti: il primo riguarda il concetto stesso di di­sciplina ecclesiastica, e l’altro la riammissione dei retrogradi e degli Sviati.

I TESTI BIBLICI SULLA DISCIPLINA

L’insegnamento di Gesù. Matteo 18:15-18: “Se poi il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo. Se t’ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello; ma, se non t’ascolta, prendi teco ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. E se rifiuta d’ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, siati come il pagano e il pubblicano”.Le parole di Gesù esprimono due principi basilari: il primo che i cre­denti sono “fratelli”, per questo esiste la disciplina, in quanto apparte­niamo alla famiglia di Dio; il secondo che la disciplina non è facoltativa ma obbligatoria perché necessaria.

L’esempio della Chiesa dell’era Apostolica. Atti 5:1-5, 7-9: “Ma un certo uomo, chiamato Anania, con Saffira sua moglie, vendé un possesso, e tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e portatene una parte, la pose ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: Anania, perché ha Satana così riempito il cuor tuo da farti mentire allo Spirito Santo e ritener parte del prezzo del podere? Se questo restava in­venduto, non restava tuo? E una volta venduto, non ne era il prezzo in tuo potere? Perché ti sei messa in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio. E Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E gran paura prese tutti coloro che udiron queste cose … Or avvenne, cir­ca tre ore dopo, che la moglie di lui, non sapendo ciò che era avvenuto, entrò. E Pietro, rivolgendosi a lei: Dimmi, le disse, avete voi venduto il podere per tanto? Ed ella rispose: Si, per tanto. Ma Pietro a lei: Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono all’uscio e ti porteranno via. Ed ella in quell’istante cadde ai suoi piedi, e spirò”. Questo caso tragico accaduto soltanto a distanza di poco tempo dal giorno della Pentecoste, in una chiesa, quindi, piena di segni, prodigi e battesimi dello Spirito Santo, doveva servire a ricordare a tutti che il peccato non confessato è sempre giudicato severamente da Dio ed ave­va lo scopo di creare un timore riverenziale dei cristiani nei loro rap­porti individuali e comunitari con il Signore.

L’ insegnamento delle Epistole. E’ interessante notare che l’insegnamento è unanime tra gli scrittori del Nuovo Testamento, proprio per vanificare i tentativi di quanti provano a mettere in discussione le opi­nioni teologiche degli Apostoli, quasi dimenticando che lo Spirito San­to è l’Autore della Scrittura e che ogni verità è divinamente trattata in svariati aspetti per produrre quell’armonia che parla della sufficienza della Parola di Dio nei confronti dei problemi umani di ogni tempo.

ECCO I TESTI PIÙ SIGNIFICATAVI:

– I Corinzi 5:1-5 “Si ode addirittura affermare che v’è tra voi forni­cazione; e tale fornicazione, che non si trova neppur fra i Gentili; al punto che uno di voi si tiene la moglie di suo padre. E siete gonfi, e non avete invece fatto cordoglio perché colui che ha commesso quell’azione fosse tolto di mezzo a voi! Quanto a me, assente di persona ma presente in ispirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha perpe­trato un tale atto. Nel nome del Signore Gesù, essendo insieme adunati voi e lo spirito mio, con la potestà del Signor nostro Gesù, ho deciso che quel tale sia dato in man di Satana, a perdizione della carne, onde lo spi­rito sia salvo nel giorno del Signor Gesù”.

– II Corinzi 2:6-11 – “Basta a quel tale la riprensione inflittagli dalla maggioranza; onde ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo, che talora non abbia a rimaner sommerso da soverchia tri­stezza. Perciò vi prego di confermargli l’amor vostro, poiché anche per questo vi ho scritto: per conoscere alla prova se siete ubbidienti in ogni cosa. Or a chi voi perdonate qualcosa, perdono anch’io; poiché anch’io quel che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l’ho fatto per amor vostro, nel cospetto di Cristo, affinché non siamo soverchiati da Satana, giacché non ignoriamo le sue macchinazioni”.

– I Tessalonicesi 5:14 – “V’esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordi­nati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, ad esser longanimi verso tutti’:

– II Tessalonicesi 3:6, 11, 14, 15 – “Or, fratelli, noi v’ordiniamo nel no­me del Signor nostro Gesù Cristo che vi ritiriate da ogni fratello che si conduce disordinatamente e non secondo l’insegnamento che avete ri­cevuto da noi … Perché sentiamo che alcuni si conducono fra voi disor­dinatamente … se qualcuno non ubbidisce a quel che diciamo in questa epistola, notatelo quel tale, e non abbiate relazione con lui, affinché si vergogni. Però non lo tenete per nemico, ma ammonitelo come fratello”:

– I Timoteo 5:20 – “Quelli che peccano, riprendili in presenza di tutti, onde anche gli altri abbian timore”.

– Tito 1:13 – “… Riprendili perciò severamente, affinché siano sani nella fede”.

– Tito 3:10, 11 – “L’uomo settario, dopo una prima e una seconda ammonizione, schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca, condannandosi da sé”.

– Giacomo 5:19, 20 – “Fratelli miei, se qualcuno fra voi si svia dalla verità e uno lo converte, sappia colui che chi converte un peccatore dal­l’error della sua via salverà l’anima di lui dalla morte e coprirà moltitu­dine di peccati”.

– II Pietro 3:16, 17 – “… uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione. Voi dunque, diletti, sapendo queste cose innanzi, state in guardia, che talora, trascinati an­che voi dall’errore degli scellerati, non iscadiate dalla vostra fermezza”.

– Il Giovanni 10,11 – “Se qualcuno viene a voi e non reca questa dot­trina, non lo ricevete in casa, e non lo salutate; perché chi lo saluta par­tecipa alle malvagie opere di lui”.

– Giuda 2,2 – “… abbiate pietà degli uni che sono nel dubbio; salvate­li, strappandoli dal fuoco; e degli altri abbiate pietà mista a timore …”

LE RAGIONI DELLA DISCIPLINA

Come è stato appena accennato, la disciplina ha ragione d’essere in quanto la Scrittura afferma che “Iddio … tratta come figliuoli; poiché Qual è il figliuolo che il padre non corregga? Che se siete senza quella disciplina della quale tutti hanno avuto la loro parte, siete dunque ba­stardi, e non figliuoli … ogni disciplina sembra, è vero, per il presente non essere causa d’allegrezza, ma di tristezza; però rende poi un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati per essa esercitati” (Ebrei 12:7,8,11).

Il testo citato parla della disciplina esercitata direttamente da Dio sul credente nel tempo e nel modo che Egli crede più opportuno, richia­mando l’individuo all’ordine dello Spirito Santo, permettendo prove e difficoltà di carattere diverso, sia fisiche che morali e spirituali. Basti, a questo proposito, ricordare quanto è scritto in Giobbe 33:14-31. Quando questo intervento diretto di Dio si manifesta, gli altri non debbono né giudicare né intervenire, lasciando tutto nelle mani di Co­lui che è”… l’Iddio giusto che prova i cuori e le reni” (Salmo 7:9). Ogni forma di giudizio umano è un grave arbitrio, un gravissimo segno di orgoglio, perché è scritto: “… non giudicate di nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte delle tenebre, e manifesterà i consigli de’ cuori …” (I Corinzi 4:5). Esistono, però, nel Nuovo Testamento delle infrazioni per le quali è richiesta l’applicazione della disciplina comunitaria. Ecco di seguito l’elenco delle principali:

a. Rifiuto di perdono tra fratelli (cfr. Matteo 18:15-17);

b. Immoralità (cfr. I Corinzi 5:1-12; Efesini 5:3). Per immoralità si intendono tutti i peccati sessuali, quali: adulterio, fornicazione, omo­sessualità e qualunque altra forma di immoralità e di disordini sessuali;

c. Insubordinazione. Nel Nuovo Testamento questa infrazione è de­scritta in I Tessalonicesi 5:14 con l’aggettivo “disordinati”. Cioè, coloro che conducono una vita non equilibrata; o come afferma il termine ori­ginale, in uso nel linguaggio militare: insubordinati sia per eccitabilità che per invadenza, o intromissione, o pigrizia;

d. Pratica continua dì peccato: “Quelli che peccano, riprendili in pre­senza di tutti, onde anche gli altri abbian timore” (I Timoteo 5:20). E’ importante notare che il verbo coniugato al presente: quelli che peccano, non indica un atto singolo ma una continua pratica di peccato;

e. Ribellione e seduzione (cfr. Tito 1:13). Il contesto tratta di false dot­trine (cfr. v. 10), tanto è vero che in seguito è detto: “L’uomo settario, dopo una prima e una seconda ammonizione, schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca, condannandosi da sé” (Tito 3:10, 1 1);

f. Divisioni e sette (cfr. Tito 3:10);

g. Idolatria (I Corinzi 5:11). L’idolatria è, come tutti sanno, l’adora­zione degli idoli, ma questi non sono soltanto quelli dì legno, di pietra, di argento o di oro. Idolatria è anche rendere il culto a persone e cose, invece che a Dio, Infatti, è scritto che bisogna fare “… morire …” la “… cupidigia, la quale è idolatria” (Colossesi 3:5); infatti l’avarizia, o meglio la cupidigia o passione sfrenata di possedere, è un tipo di idolatria. Una parafrasi del testo precedente così traduce: “Non adorare le cose buone della vita perché quella è idolatria’: Un’altra notissima versione dà que­sta definizione dell’idolatria: “Divinizzazione di se stessi e di altre cose create, invece di adorare Dio”;

h. Oltraggio. La Parola di Dio ordina di non mischiarsi”… con alcu­no che, chiamandosi fratello, sia un oltraggiatore …” (1 Corinzi

:11), L’oltraggio è l’uso di linguaggio osceno, ingiurioso, insultante, diffamatorio, maldicente e calunnioso;

i. L’ Ubriachezza (cfr. I Corinzi 5:11). Denota un bevitore accanito, abi­tualmente sotto i fumi dell’alcool e, in senso più ampio, si riferisce ad ogni forma di dipendenza a droghe che creano differenti stati di eb­brezza e percezioni immaginarie;

l. Truffa e raggiro. Tradotto in I Corinzi 5:11 con “rapace”. Virtual­mente, il termine indica qualcuno che approfitta della buona fede altrui raggirandoli e truffandoli.

La prima reazione ad una lista così particolareggiata di infrazioni all’etica comunitaria, ma anche sociale, potrebbe apparire eccessiva­mente severa. Esistono, però, almeno altri due versetti biblici che debbono far meditare: “Non sapete voi che gli ingiusti non erediteran­no il regno di Dio? Non v’illudete; né i fornicatori, né gl’idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriachi, né gli oltraggiatori, né i rapaci erederanno il regno di Dio” ( 1 Corinzi 6:9, 10). Nell’ultimo capitolo della Bibbia è scritto:

Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna” (Apocalisse 22:15). Costoro non entreranno nella gloria eterna di Dio. Ne consegue, dice qualcuno, che per amministrare questa specie di disciplina occorrerebbe addirittura un “Comitato di salute pubblica” in ogni comunità, con il conseguente “regno del terrore” tra i credenti. Questo, purtroppo, è accaduto in molte sette religiose legalistiche, le quali dimenticano lo Spirito di Cristo e lo scopo della disciplina nella comunità cristiana, che è quello di salvaguardare la buona testimonian­za non ignorando mai che la chiesa è la “famiglia di Dio” e non un tri­bunale che commina delle pene. Tra fratelli ci si preoccupa amorevol­mente di chi è debole e sviato.

GLI SCOPI DELLA DISCIPLINA

La disciplina nella comunità cristiana ha molteplici scopi che posso­no essere riassunti come segue:

1. Onorare Cristo, il Signore della Chiesa – “Esorta … onde onorino la dottrina di Dio, nostro Salvatore, in ogni cosa” (Tito 2:9, 10). Un’altra versione traduce: “Esorta … affinché in ogni cosa possano essere un or­namento e dare credito all’insegnamento che viene da Dio, nostro Sal­vatore” (A.N.T.).

2. Mantenere la purezza – “… Non sapete voi che un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta? Purificatevi dal vecchio lievito, affinché siate nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata” (I Corinzi 5:6-7). Un’altra versione traduce: “Non sapete che basta un po’ di lievito per far fermentare tutta la pa­sta? Purificatevi, pulitevi a fondo del vecchio lievito, affinché possiate essere nuova pasta fresca, ancora incontaminata come già siete, perché Cristo, il nostro Agnello di pasqua è stato immolato” (A.N.T.).

3. Scoraggiare altri a peccare – “Quelli che peccano, riprendili in pre­senza di tutti, onde anche gli altri abbian timore” (I Timoteo 5:20). L’al­tra versione: “Quelli che sono colpevoli e persistono nel peccato sgridali e ammoniscili in presenza di tutti, affinché il resto possa essere avvertito ed abbia timore e apprensione giovevole” (A.N.T.).

4. Ristorare il ravveduto – “Basta a quel tale la riprensione inflittagli dalla maggioranza; onde ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo, che talora non abbia a rimaner sommerso da soverchia tristezza. Perciò vi prego di confermargli l’amor vostro” (II Corinzi 2;6­8). “Quel tale” è l’incestuoso di I Corinzi 5:1, il quale conviveva con la matrigna, probabilmente la seconda moglie del padre e questo era vie­tato sia dalla legge ebraica (cfr. Levitico 18:8) sia da quella romana. Quel tale era stato “… dato in man di Satana, a perdizione della carne, onde lo spirito [fosse, N.d.A.] salvo nel giorno del Signore Gesù” (I Corinzi 5:5). Questo notissimo passo è stato usato ed abusato per sottolineare erroneamente che “… dato in mano di Satana …” significava perduto per sempre. Invece, il testo afferma: “… a perdizione della carne, onde lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù”. E’ evidente che l’aposto­lo, insieme alla Comunità, con l’autorità di Cristo, applicava la discipli­na dell’esclusione dalla comunione della chiesa, chiedendo che si mani­festassero effetti sulla condizione fisica dell’escluso, perché potesse rav­vedersi e tornare umiliato al Signore.

Forse, non è fuori luogo una nota di carattere storico: sembra che questo versetto fosse usato nella formula liturgica che l’inquisitore pro­nunciava quando si metteva sul rogo un eretico condannato ad essere arso vivo. Così, quella condanna al rogo appariva impropriamente co­me un atto di fraterna carità cristiana che serviva a salvare l’eretico, il quale è vero che pagava con la vita terrena, la “… perdizione della carne …”, ma era salvato.

Il ristoramento del ravveduto è sostenuto anche dai seguenti testi bi­blici: “Fratelli, quand’anche uno sia stato colto in qualche fallo, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. E bada bene a te stesso, che talora anche tu non sii tentato” (calati 6:1); “Fratelli miei, se qualcuno fra voi si svia dalla verità e uno lo converte, sappia colui che chi converte un peccatore dall’error della sua via salverà l’anima di lui dalla morte e coprirà moltitudine di peccati” (Giacomo 5:19, 20). Que­st’ultimo testo si riferisce chiaramente a chi si svia e cade in errore nella sua vita quotidiana o nella sua pratica di fede. Come il fratello si preoc­cupa della salute fisica del proprio congiunto, così si deve preoccupare della salute spirituale del proprio fratello, Ogni credente è “guardiano del fratello”; facendo ciò salva un’anima dalla morte e “permetterà il perdono dei molti peccati commessi da colui che si ravvede”; questo è il significato attribuito da traduttori insigni alla frase”… coprirà moltitu­dine di peccati …”.

5. Creare una giusta attitudine di amore e di timore – “... onde anche gli altri abbian timore” (I Timoteo 5:20); “… E bada bene a te stesso, che talora anche tu non sii tentato” (calati 6:1); “… abbiate pietà mista a ti­more …” (Giuda 23). Lo scopo salutare della disciplina è quello di creare un timore riverenziale verso Dio e la Sua Parola ed una disponibilità a permettere che lo Spirito Santo possa controllare il credente per con­durlo verso una progressiva santificazione.

I METODI PER ATTUARE LA DISCIPLINA

I metodi per attuare la disciplina nella comunità cristiana si fondano primariamente sui principi generali insegnati da Gesù stesso in Matteo 18:15-20. Questo testo ci parla di quattro interventi fraterni.

1. Esortazione privata -”… va’ e riprendilo fra te e lui solo …” (v. 15);

2. Ammonizione dinanzi ai testimoni se non t’ascolta, prendi teco ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per boc­ca di due o tre testimoni” (v.16);

3. Richiamo della chiesa – “… se rifiuta d’ascoltarli, dillo alla chiesa …”(v. 17);

4. L’esclusione -”… se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, siati come il pagano e il pubblicano” (v. 17).

Questo è l’intervento più drastico per le ragioni che sono state già espresse, ma continua ad essere un intervento fraterno, in quanto la di­sciplina nella comunità cristiana non ha scopo punitivo, ma didattico e se l’errante si umilia ed impara la lezione potrà essere riammesso, per­ché è sempre importante ricordare l’aspetto redentivo dell’intervento.

Soltanto dopo i tre primi tentativi, quando si manifesta il rifiuto di ascoltare, cioè quando né l’esortazione né l’ammonizione né il richiamo sono accettati, si giunge all’esclusione, in quanto l’errante non ha offerto altra alternativa. Questa precisa indicazione del Signore sottolinea quanto sia importante la disciplina nella comunità cristiana; radunata nel Suo nome, la chiesa deve difendere la propria reputazione nella società, dinanzi alla quale deve rendere una coerente testimonianza di fede. Non bisogna lasciarsi intimorire dai sarcasmi di coloro che ci accusano di voler creare “la santa comunità”, costoro dimenticano che esiste un insegnamento ben preciso nella Parola di Dio: “Procacciate pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore” (Ebrei 12:14) e: come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Siate santi, perché io son santo” (I Pietro 1:15, 6). Un’obiezione abbastanza frequente sui metodi della disciplina quella secondo la quale il testo di Matteo 18:15-20 si riferisca unicamente ad un comportamento improprio nei rapporti personali tra fratelli e non alla comunità. Bisogna, però, notare che Gesù coinvolge la comunità locale, e qui non sembra che Egli si riferisca alla sinagoga ebraica, in quanto gli ebrei avevano una serie di interventi disciplinari ben precisi. Mosè Maimonide, ad esempio, medico, teologo e filosofo ebreo del dodicesimo secolo, affermava di aver rilevato almeno venti­quattro diverse ragioni per l’attuazione della disciplina. Gesù, invece, si riferisce a quella chiesa che Egli avrebbe edificato cori la Sua morte e risurrezione. Inoltre, occorre ricordare che proprio la mancanza di armonia tra fratelli è causa di problemi comunitari. La disarmonia non riguarda soltanto la mancanza di rispetto reciproco, ma anche altre situazioni. Nella maggior parte dei casi, i problemi che riguardano i rapporti interpersonali sono risolti fraternamente tra le due parti in difficoltà, perché il credente, sensibile alla voce dello Spirito Santo che lo richiama per mezzo del ministerio della Parola, risolve individualmente le proprie difficoltà. Infatti, basta ricordare l’insegnamento di Gesù: “Se dun­que tu stai per offrire la tua offerta sull’altare, e quivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia quivi la tua offerta dinanzi all’al­tare, e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello, e poi vieni ad offrir la tua offerta” (Matteo 5:23, 24); e ancora: “… Signore, quante volte, peccan­do il mio fratello contro di me, gli perdonerò io? fino a sette volte? E Gesù: Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Mat­teo 18:21, 22). A queste parole fa seguire la parabola del servitore spieta­to (cfr. Matteo 18:23-35).

Anche l’insegnamento delle Epistole è molto preciso al riguardo: “Siate … gli uni verso gli altri benigni, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo” (Efesini 4:32). “Sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi a vicenda, se uno ha di che dolersi d’un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi” (Colossesi 3:13). E’ evidente in questi versetti la disponibilità indi­viduale dei credenti a perdonare le offese, senza l’intervento del condut­tore della comunità. L’esortazione privata, invece, viene usata dal conduttore della chiesa nei casi di condotta riprovevole spirituale e morale e di falsa dottrina. Questo primo passo fraterno dovrebbe essere sempre “privato”, per evi­tare una pubblicità che potrebbe rivelarsi nociva per l’errante. Se costui rifiuta di accettare l’esortazione, allora il caso dovrà essere discusso con dei testimoni. Nelle nostre comunità regolarmente costi­tuite, questo intervento è di competenza del Consiglio di Chiesa, nelle al­tre intervengono due fratelli della comunità spiritualmente maturi. Se il caso è tanto grave da coinvolgere la “buona testimonianza del­l’Evangelo”, allora la comunità, in Assemblea di Chiesa, sarà informata del caso. Ma questo avviene di norma quando l’errante è ribelle ed è ne­cessario comunicarne l’esclusione. Anche questa comunicazione dolo­rosa dovrà essere sempre espressa con tatto cristiano e misericordia, evitando di rivelare particolari incresciosi e delicati. Sulla base di questi principi scritturali sono state stabilite dall’As­semblea Generale delle nostre chiese delle misure disciplinari riguar­danti i membri comunicanti di chiesa. Il regolamento interno delle ADI così recita al riguardo: “Il membro comunicante di Chiesa che abbia una accertata condotta riprovevole o dottrina che violi le norme della Parola di Dio, secondo la natura e la gravità della mancanza, viene am­monito dal conduttore di chiesa; temporaneamente sospeso dai privile­gi di membro comunicante, o nei casi più gravi, escluso dalla chiesa, su decisione del Consiglio di Chiesa. La riabilitazione della persona colpita da misura disciplinare appar­tiene al Consiglio di Chiesa che ha già esaminato il suo caso e che notifi­cherà, se lo ritiene opportuno, la revoca delle sanzioni anzidette in sede di assemblea di chiesa” (Art.16).

LA RIAMMISSIONE

Un credente che per accertata condotta riprovevole o falsa dottrina viene escluso, o si allontana dalla comunità, può essere riammesso?

La Parola di Dio è molto precisa al riguardo: tra gli scopi della disci­plina c’è quello di “ristorare il ravveduto”. Se l’errante si ravvede del pro­prio errore e chiede di essere riammesso come membro effettivo della comunità, il caso dovrà essere fraternamente preso in esame. Fraterna­mente ma non con leggerezza, il credente ravveduto deve essere confortato (cfr. II Corinzi 2:7), cioè incoraggiato a ricercare il Signore con tut­to il cuore, in modo da dimostrare “frutti degni del ravvedimento”. Pri­ma della riammissione dovranno manifestarsi i seguenti elementi:

a. Profondo dolore per quanto è accaduto -”… la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che mena alla salvezza, e del quale non c’è mai da pentirsi …” (II Corinzi 7:10);

b. Confessione del proprio peccato – “Se confessiamo i nostri peccati, Egli [Dio, N.d.A.] è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità.” (1 Giovanni 1:9);

c. L’abbandono del male- “… si ravveggano e si convertano a Dio, facendo opere degne del ravvedimento” (Atti 26:20);

d. Completa sottomissione al Signore – “Non sapete voi che se vi date a uno come servi per ubbidirgli, siete servi di colui a cui ubbidite: o del peccato che mena alla morte o dell’ubbidienza che mena alla giustizia? … così prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la vo­stra santificazione (Romani :16,19);

e. Perseveranza in una attitudine di continuo ravvedimento – “Vita eterna a quelli che con la perseveranza nel bene oprare cercano gloria e onore e immortalità… poiché non quelli che ascoltano la legge son giu­sti dinanzi a Dio, ma quelli che l’osservano saranno giustificati” (Romani 2:7, 13).

Proprio perché il ravvedimento non è soltanto un atto isolato, ma deve essere un’attitudine costante del cristiano, occorre che il ravveduto continui a “camminare nella luce”; come è scritto in I Giovanni 1:6, 7, e a permettere allo Spirito Santo di operare in lui per progredire sul sen­tiero della santificazione. La riammissione, quindi, non può essere compiuta con fretta e leg­gerezza, ma con gradualità ed amore, incoraggiando il credente a ricer­care il Signore con umiltà e sottomissione.

LA RIABILITAZIONE

Troppo spesso si confondono tra loro i termini riammissione e ria­bilitazione, ma sembra chiaro dalla Scrittura che non sono sinonimi. Per riabilitazione si intende la “reintegrazione di una persona nella sti­ma, nella pubblica considerazione che aveva perdute”, e dal punto di vi­sta legale significa: “Riacquistare le facoltà giuridiche perdute”. Nel caso della comunità cristiana, l’errante ravveduto, secondo alcuni, dovrebbe riacquistare la stima totale dei propri fratelli al punto da poter essere eletto ad incarichi ufficiali e riabilitato nell’esercizio di qualche ministerio che svolgeva in precedenza. Ma questo è scritturale? Se chi è chiama­to a svolgere un ministerio nella comunità deve essere “irreprensibile” o incensurabile e “bisogna che abbia una buona testimonianza da quelli di fuori …” (I Timoteo 3:7), come potrà svolgere la propria opera senza che la sua defezione, la sua condotta o il suo errore non siano ri­cordati e non invalidino il suo prestigio di servitore di Dio? Esistono poi casi di “riammessi”, i quali reclamano il loro diritto ad essere riabilitati nel ministerio che avevano prima della loro esclusione, dimostrando così che il loro ravvedimento era superficiale e poco sin­cero. Davide è il Re d’Israele, il ravveduto per eccellenza, dopo la sua confessione, le sue lagrime e dopo la certezza del perdono divino, non esprime nessun vanto e diritto. Tradito dal figlio, abbandonato dagli amici, maledetto dai nemici, subisce tutto e non reclama nulla per sé, dice soltanto: “O Dio, crea in me un cuor puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo [o ben disposto, N.d.A.]. Non rigettarmi dalla tua presenza e non togliermi lo spirito tuo santo” (Salmo 51:10, 11). Nei rapporti con la fratellanza non potrà essere poi lo stesso e, tra l’altro, dovrà subire le limitazioni della sua condizione: aveva creato “una brec­cia” nella testimonianza della sua fedeltà a Dio con un gravissimo scan­dalo, non gli sarà concesso di edificare il Tempio. Egli potrà collaborare come riammesso nella comunione con Dio, ma in modo ignoto, per procurare soltanto, come fece Davide per il Tempio, il materiale.

Infine, pur riconoscendo che secondo regole esegetiche precise non possiamo fondare una dottrina su una parabola, ricordiamo, però, quella del “figliuol prodigo”, la quale avvalora la tesi che nella Scrittura esiste una diversità tra riammissione e riabilitazione. Il figlio prodigo si ravvide, decise di tornare a casa, il padre gli corse incontro, accettò la sua confessione, lo abbracciò, lo baciò, gli fece togliere gli stracci da mendicante che lo ricoprivano, Io rivestì di una veste nuova, gli dette dei calzari, gli donò un anello prezioso, organizzò un banchetto e fece festa; ma… la parte dei beni che il prodigo aveva ricevuto dal padre pri­ma di partirsene “… per un paese lontano …” (Luca 15:13) e che egli aveva dissipato, non la riacquistò di nuovo. Da allora in poi dovette vi­vere unicamente affidandosi alla benignità amorevole del Padre. Queste considerazioni, espresse con il senso profondo della fragilità dell’umana natura, ci spingono ad evitare, riguardo alla disciplina, ogni superficialità o severità, ma alla luce della Parola di Dio, unica, infallibi­le ed autorevole regola della nostra fede e della nostra condotta, posso­no aiutarci ad accettare ed attuare, con l’aiuto dello Spirito Santo, “tutto il consiglio di Dio”, camminando umilmente nel Suo cospetto.